Rinvasare una pianta significa trasferirla in un contenitore più grande o più bello. È un’operazione facile: seguite i nostri consigli.

Il rinvaso è lo spostamento da un contenitore, in genere più piccolo, a un altro, di solito più grande (o più bello), oppure la creazione di una composizione con diverse piante, della stessa o di diversa specie. A volte capita anche di dover sostituire un vaso che si è rotto, nel qual caso la misura può rimanere la stessa oppure potete approfittare per dare una casa più grande alla pianta.

È un’operazione necessaria sia sulle piante nuove arrivate, sia sugli esemplari già presenti. Per le prime si tratta di sostituire un vaso per piante da vivaio generalmente troppo piccolo ed esile (e molto brutto); per i secondi serve perché, nel tempo, il terriccio esaurisce la sua dotazione di sostanze nutritive: la concimazione, anche se regolare, non basta più a reintegrarle, rendendo indispensabile un cambio di substrato.

Il rinvaso: le misure del contenitore

Le misure dei contenitori si indicano attraverso il diametro (del 18, del 24, del 32 ecc.) oppure, in caso di contenitore quadrato o rettangolare, indicando le tre misure (lunghezza, larghezza, altezza, per es. 30 x 20 x 20 cm).

Di norma, si rinvasa in un contenitore di due misure in più se la pianta sta veramente molto stretta, di una misura in più se invece l’esemplare non è così cresciuto, ma molto dipende dalla specie, ossia dallo sviluppo che avrà nel corso della stagione: alcune annuali, vendute in un vasetto del 14, per fiorire bene hanno bisogno di tre o quattro misure in più (es. Dianthus, gerbera, bocca di leone, surfinia ecc.).

Vasi troppo piccoli rispetto all’apparato radicale compromettono l’assorbimento delle sostanze nutritive da parte delle radici, portando a un indebolimento della pianta. Attenzione però a non fornire contenitori troppo grandi, che potrebbero penalizzare la fioritura (es. nasturzio). Nel caso di composizioni, infine, se costituite da piante annuali è preferibile mantenersi un pochino più stretti per avere una fioritura ricca e compatta.

Il rinvaso: quando farlo

L’operazione è necessaria se le radici fuoriescono dal foro di drenaggio sul fondo del vaso o dalla superficie del terriccio. Al momento dell’acquisto è un’evenienza molto frequente nel caso delle piante annuali da fiore per il balcone, mentre è meno facile per i rosai e gli arbusti che però di frequente stazionano già da anni in quel contenitore. Per le piante grasse è addirittura sconsigliato il rinvaso per almeno un anno dall’acquisto se le dimensioni del contenitore sono sufficienti. Alcune specie poi devono “stare strette” se volete che fioriscano: è il caso dei gerani e dei nasturzi.

Il periodo migliore per i rinvasi è compreso tra marzo e maggio, quando le piante sono in attiva crescita, rischiano di occupare velocemente tutto il contenitore e hanno le risorse giuste per adattarsi velocemente alla nuova “casa”. Però, se il nuovo arrivo si presenta in estate, nulla vieta, se necessario, di traslocarlo subito. In autunno e inverno, invece, è meglio lasciare la pianta dove sta; unica eccezione: se il vaso si rompe in modo tale che il terriccio o l’acqua fuoriescano.

Il rinvaso: come farlo

Dopo aver coperto con un coccio ogni foro di drenaggio, ponete sul fondo del vaso uno strato di ghiaia, argilla espansa o coccetti alto 3-10 cm secondo la profondità del contenitore. Su di esso ponete 4-5 cm di terra nuova, adatta alla specie che state rinvasando (es. per acidofile se rinbasate un’azalea).

Svasate la pianta, appoggiate la zolla (che deve rimanere intera) sul terriccio nel vaso per verificare che il colletto rimanga 3-4 cm sotto il bordo del vaso. Quindi colmate lo spazio attorno alla zolla con il terriccio, rimanendo 3-4 cm sotto il bordo del contenitore, pressate bene e innaffiate in abbondanza, con delicatezza (preferibilmente con la cipolla sull’annaffiatoio), lasciando scolare l’acqua in eccesso.

Per la prima settimana dopo il rinvaso la pianta va tenuta all’ombra e nelle prime due settimane va seguita con molta attenzione per cogliere eventuali segnali di grave malessere; l’ingiallimento o la perdita di qualche foglia rientra nella normalità, l’appassimento protratto invece no.

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