pesca
Pesca, un frutto molto amato.
Gialla o bianca, pelosa o glabra, ci accompagna sino alla fine dell’estate. E in Italia abbiamo quantità e qualità del prodotto

Oggi è uno dei frutti più amati, nudo o vestito di velluto, fresco o sciroppato, da grandi e piccini: eppure, dalla caduta dell'Impero Romano sino alle Crociate, la pesca venne messa all'indice come frutto pesante e indigesto, vera rovina dello stomaco. Non la pensavano così, qualche millennio prima di Cristo, i Cinesi, che per primi ne coltivarono amorosamente le piante, mai reperite allo stato spontaneo: consideravano l’albero il simbolo del bene e del male e il frutto l’emblema dell’immortalità.

Dalle sponde del Pacifico il pesco ha raggiunto il Medio Oriente (in particolare le regioni che si stendono tra l’Afghanistan e la Persia, l’attuale Iran) al seguito delle carovane commerciali; ma c’è chi dice che siano stati gli stessi Cinesi, durante una spedizione militare nel 139 a.C. a portarne involontariamente i semi verso occidente.

Dobbiamo infine ringraziare i soldati di Alessandro Magno per averlo introdotto in Grecia, di ritorno dalle vittoriose spedizioni contro i Persiani: fu così che i Romani, dovendo battezzare la nuova pianta, la ritennero originaria della Persia (dove però non esistono peschi selvatici) e la denominarono (Prunuspersica. Esiste in realtà anche un’altra ipotesi, che vede il pesco arrivare in Grecia dall’Egitto, dove il frutto era sacro ad Arpocrate, dio del silenzio e dell'infanzia, tanto che ancora oggi le guance dei bambini vengono paragonate alle pesche, per la loro morbidezza e carnosità.

A Roma il pesco arrivò nel I secolo d.C., conquistando subito gli antichi Romani: Plinio il Vecchio, oltre a descriverne le due principali varietà, a polpa gialla e soda e a polpa bianca e morbida, si lamentava dell’eccessivo costo delle pesche, che peraltro: “si gustano con molta facilità”, come affermava il goloso naturalista. A ulteriore testimonianza del gradimento rimangono ancora oggi, a Pompei ed Ercolano, numerosi affreschi murali e tanti... noccioli sul pavimento!

Facile da coltivare

Una diffusione così rapida e capillare si spiega, oltre che con l’autentica squisitezza del frutto, con la facilità di coltivazione della pianta, grazioso alberello di piccole dimensioni (al massimo 5 m d’altezza), reso ancora più gradevole dall’intensa fioritura in rosa carico o in rosso chiaro, sui rami nudi ancora privi di foglie, una vera delizia anche per gli occhi nel mese di marzo. Le delicate corolle nell’antica Cina erano simbolo delle fanciulle (ma anche delle donne frivole): l’espressione “follia dei fiori di pesco” indicava i turbamenti emotivi caratteristici dell’adolescenza.

Il pesco ama un clima caldo e una posizione riparata, un terreno morbido e soleggiato, non troppo umido né secco. Va potato preferibilmente in estate, dopo il raccolto, per dare aria alla chioma, che tende a infittirsi, e va concimato ogni anno in autunno e in primavera: solo così produrrà i deliziosi frutti, sani e ben maturi.

Il frutto è – botanicamente – una drupa quasi sferica o cuoriforme a seconda della varietà, con un solco longitudinale più o meno pronunciato e un picciolo cortissimo. La buccia può essere pelosa come il velluto o completamente nuda, gialla, rossa, gialla arrossata o vinata o striata. La polpa è bianca o gialla con o senza arrossamenti attorno al nòcciolo, che può essere spiccagnolo o aderente, con all’interno una mandorla (il seme) interamente molle-gelatinosa. A proposito della mandorla: fate attenzione, perché contiene amigdalina, una sostanza che si trasforma – al contatto con l’acqua e a temperatura ambiente – in acido cianidrico (composto del cianuro), un potente veleno se assunto in dosi elevate, ma un tempo utilizzato come vermifugo e purgativo in quantità minime: a scanso di equivoci, nel caso dei noccioli crudi, la dose massima che si può assumere è di 3-5 mandorle.

La raccolta avviene in epoche diverse a seconda delle varietà, che sono precoci, medie o tardive, cioè da giugno alla fine di agosto per le pesche, e da luglio ad agosto per le nettarine.

Pelosa, liscia o… percocca

Il fascino di una pesca matura, profumata e sugosa, è letteralmente irresistibile, tanto che fin dall’antichità le sono stati attribuiti poteri afrodisiaci. 
Una parte del merito va anche alla sua forma un po’ allusiva, tanto che, tra le molte varietà, ve ne è una conosciuta come Poppa di Venere...

Ma le pesche non sono tutte uguali: da Prunus persica vulgaris derivano gli ibridi con frutto a nòcciolo spicco, le cosiddette “spiccagnole” (= pêche in francese), e con frutto non spiccagnolo, un tempo dette “cotogne” (= pavie in francese). Ambedue le tipologie sono pesche comuni, con frutto peloso, utilizzato quasi esclusivamente per il consumo fresco. Possono essere a polpa gialla (90%) o bianca (10%).

Da P. p. laevis provengono gli ibridi chiamati “peschi noci” o “nettarini”, da noi in Italia senza differenze lessicali tra frutto spiccagnolo (= nectarine in francese) o non spicco (= brugnon in francese). Le nettarine sono particolarmente apprezzate per il consumo fresco in quanto i frutti sono glabri, la buccia ha un colore brillante e la polpa è gialla o bianca e con un sapore caratteristico.

Ci sono infine le percocche (le percoche francesi), note anche come "pesche da industria", coltivate prevalentemente in Campania, con frutti pelosi, gialli o leggermente arrossati, e polpa soda adatta alla sciroppatura (dopo esser stata sbucciata) perché si mantiene intatta per lungo tempo.

La fine peluria, indipendentemente dal colore della polpa, richiama un colore giallo-rossastro dell’involucro, mentre la buccia liscia si abbina a un colore più spiccatamente rosso intenso e uniforme.

Ma quando è, esattamente, il momento giusto per staccare i frutti dal ramo? La pesca pelosa è matura quando presenta il colore di fondo giallo e, a una lieve pressione del palmo della mano, risulta morbida. Il profumo è intenso e caratteristico. 
La nettarina viene consumata anche in una fase meno avanzata di maturazione quando la consistenza è ancora compatta e risulta croccante al morso.

Sia le pesche sia le nettarine possono essere acquistate anche qualche giorno prima della piena maturazione in modo da poterle conservare più a lungo. L’importante è conservarle nel modo giusto, riponendo i frutti chiusi in un sacchetto di carta a temperatura ambiente (in frigorifero il processo di maturazione viene bloccato) per 2 o 3 giorni. Solo quando il frutto è pronto al consumo potrà essere riposto in frigo per qualche giorno ancora.

Dal pesco è nata la frutticoltura

In Italia il pesco si coltiva in Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Veneto, Lazio e Puglia, con prevalenza di cultivar precocissime e precoci al Sud e di varietà a media maturazione e tardive al Nord. La maturazione dei frutti avviene tra la prima e la seconda decade di maggio nelle zone meridionali, fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive, e perfino in ottobre per la rinomata pesca di Leonforte (vedi oltre).

Sono proprio le pesche ad aver dato origine alla frutticoltura industriale nel Bel Paese: in Emilia Romagna, tra la fine dell'800 e gli inizi del ’900, in provincia di Ravenna e in particolare nel comune di Massa Lombarda iniziarono a essere avviati i primi impianti a frutteto che erano appunto per la maggior parte pescheti.

La coltura ha visto un trend di crescita ininterrotto per tutto il secolo scorso, e tuttora nel terzo millennio si piantano nuovi alberi di pesco per soddisfare una richiesta sempre in aumento (mediamente 7 kg a testa l’anno): dalla fine degli anni ’70 a oggi la produzione è cresciuta di oltre il 50%, tanto che l'Italia è il primo paese produttore europeo con circa 1,5 milioni di tonnellate annue, ripartite fra 900.000 t di pesche (provenienti soprattutto dal Sud Italia), 450.000 t di nettarine (prodotte in particolare nel Nord) e 200.000 t di percoche.

Nel mondo sono invece tre le grandi aree di produzione dalle quali si raccoglie circa l'80% dell'offerta totale. La più importante è costituita proprio dalle rive del Mediterraneo (poco meno del 40%); la seconda comprende i Paesi dell'Estremo Oriente (circa il 33%), in particolare Cina e Giappone; la terza coincide con gli Stati Uniti d'America (12% all’incirca).

saturnia pesca piatta
Saturnia, pesca piatta.

Le varietà attualmente più coltivate in Italia sono Spring Belle Fayette, Springcrest, Redhaven, Elegant Lady e Royal Glory fra le pesche comuni; Stark Red Gold, Venus, Big Top Spring Red, Maria Aurelia, Sweet Lady, Maria Laura, Independence e Caldesi 2000 fra le nettarine. Interessante la nicchia ricavata dalle varietà antiche, più resistenti ai parassiti, coltivate in agricoltura biologica o in agriturismi: tra le cultivar di semplice coltivazione e con frutti dal sapore squisito si annoverano Buco Incavato, Poppa di Venere, S. Anna Balducci, Luisa Berselli, Michelini, Paola Cavicchi, Pieri 81.

Appaga e disseta senza appesantire

Quando il calore si fa sentire e la sete brucia le labbra, niente di meglio di una bella pesca rossa, succosa e profumata: ne gode il palato, si rinfrancano i sensi tramortiti dalla calura, e anche il nostro organismo gioisce. Il frutto ben maturo disseta e nutre senza appesantire, in virtù di acqua, minerali e vitamine (in particolare le vitamine A e C); propizia l'appetito, grazie all'aroma derivante dall’olio essenziale; aiuta la digestione, grazie agli enzimi; favorisce la diuresi in virtù del potassio; libera delle scorie, liquide e solide, depurando il corpo con l'aiuto di acqua, fibre e ancora il potassio. E le calorie? Solo 27 per un etto di polpa, costituita per il 90% da acqua: un vero toccasana privo di effetti collaterali, di cui approfittare liberamente senza sensi di colpa.

Un solo appunto: è innegabile che la peluria sulla buccia è un ricettacolo di polveri e residui di fitofarmaci; tuttavia è proprio nella buccia e nella polpa a ridosso di essa che si concentra la vitamina C. Quindi, le uniche soluzioni sono: un accurato lavaggio sotto l'acqua corrente, strofinando energicamente la buccia con uno spazzolino morbido; oppure... la scelta delle nettarine!

In Romagna l’unica Igp

Le pesche e le nettarine di Romagna sono le uniche in Italia a vantare il riconoscimento europeo di Indicazione geografica protetta (Igp) all’interno dell’Unione europea, sancito dal Reg. Ce n. 134 del 20-01-1998. L’Igp tutela la tipicità dei frutti e lo stretto legame con il territorio d’origine, la Romagna. In Emilia Romagna, infatti, si coltivano circa 500.000 tonnellate complessive tra pesche e nettarine, ma la ripartizione tra le specie si sta sempre più spostando a favore delle nettarine di cui la Romagna è la vera culla di produzione europea (250.000 tonnellate circa, pari a quasi il 50% dell'offerta nazionale).

Il Consorzio di Tutela e valorizzazione della pesca e nettarina di Romagna Igp, nato nel 2002, ha sede a Ferrara.

Le pesche nel sacchetto

La pesca tardiva di Leonforte, denominata La Settembrina, è un presidio Slow Food tutelato dal Consorzio per la Tutela della pesca di Leonforte (www.pescadileonforte.com). Viene coltivata a Leonforte e nei territori limitrofi nel cuore della Sicilia, in provincia di Enna, su una superficie di circa 200 ettari.

pesca leonforte sacchetto
La pesca di Leonforte nel sacchetto.

L'estensione non eccessiva è uno dei punti di forza della produzione. Si tratta, infatti, di un prodotto di nicchia per il quale vanno apprezzate le caratteristiche di elevata qualità rispetto alla sua diffusione e reperibilità.

Queste gustosissime pesche nascono con un metodo di coltivazione del tutto peculiare: i singoli frutti vengono “insacchettati” sulla pianta a partire dalla seconda metà di giugno. Con questa pratica si evita di intervenire con prodotti antiparassitari in quanto il frutto è naturalmente protetto dentro il suo sacchetto di carta pergamenata che lo accompagnerà fino alla completa maturazione quando, uscitone, dolcissimo e sugoso, la sua fragranza potrà diffondersi per il piacere dell'olfatto e del palato.

Ogni anno, la prima domenica di ottobre, Leonforte celebra la Sagra della Pesca e dei prodotti tipici. È stata già pubblicata sulla Gazzetta europea la richiesta di Igp.

Per approfondire

IL PICCOLO FRUTTETO
Come piantare e curare il frutteto familiare
36180 - Ultima modifica: 2022-02-04T13:40:05+01:00 da Elena Tibiletti
Pesca, il frutto di velluto - Ultima modifica: 2022-02-10T06:32:31+01:00 da Elena Tibiletti