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La fioritura del mandorlo annuncia la primavera: in Sicilia sboccia anche all'inizio di gennaio, mentre in Romagna attende la prima decade di marzo e nella pianura di Bolzano la metà di marzo.
Il mandorlo fiorisce tra gennaio e marzo dal Sud al Nord Italia, ed è un albero generoso ma poco esigente. Coltivarlo è facilissimo, anche se nel Settentrione fatica a produrre i frutti

Il mito più celebre vuole che tra la corteccia e i fiori del mandorlo si nasconda l’anima della principessa Filide, che si lasciò morire per il dolore della lontananza del suo amato Acamante, da lei creduto morto nella guerra di Troia. Fu la compassione di una dea a trasformarla nella pianta che ancora oggi abbiamo negli occhi, e l’abbraccio di Acamante e le sue lacrime a fare dei suoi nudi rami una preghiera di fiori.

Ma la fortuna del mandorlo è legata soprattutto al suo prezioso seme, la mandorla. Pochi sanno che nel Medioevo l’olio di mandorla era più frequente dell’olio d’oliva in cucina. Nel Rinascimento non c’era banchetto senza dolci di mandorle.

Mandorlo: la coltivazione in Italia e negli Usa

Originario dell’Asia Minore, in Italia arrivò insieme ai Fenici e fece della Sicilia la sua terra d’elezione, dove a inizio Novecento si potevano contare circa 750 varietà di ecotipi locali.

Come in molte altre produzioni agricole, anche le mandorle italiane sono oggi prodotte in quantità molto minori che in passato: a livello mondiale la produzione è, ma guarda un po’, quasi interamente americana, concentrata in California dove gli agricoltori hanno messo a punto modalità di allevamento degli alberi che consentono una resa elevata e una grossa dimensione dei semi. il ciclo colturale è completamente meccanizzato, i costi di produzione molto bassi.

Ma a fronte di ciò, le mandorle italiane rimangono di alta qualità: le loro caratteristiche organolettiche, in particolare il profumo e la dolcezza, sono decisamente migliori delle “perfette” mandorle americane.

Perché coltivare un mandorlo

A livello di produzione familiare, gli alberi di mandorlo offrono il grande vantaggio delle poche cure richieste e della modesta necessità di acqua: solo nei primi due anni è consigliato irrigare, in seguito i frutti maturano e i semi si ingrossano anche se gli alberi sono lasciati al sole bruciante e nel terreno asciutto, irrigato (in quantità, ma molto raramente) solo quando le estati sono davvero insolitamente aride.

Tra i vantaggi del mandorlo c’è anche la sua resistenza ai parassiti, anche se negli ultimi anni, soprattutto nel Sud, si notano crescenti problemi causati da un coleottero, Capnodis tenebrionis, la cui larva scava gallerie nei tronchi. Oggi contro il capnodio, che attacca anche altre Drupacee e in particolare l’albicocco, sono allo studio tecniche di lotta biologica che prevedono l’utilizzo di forme parassite dell’insetto, capaci di limitare la sua capacità di volare e quindi di diffondersi su altri esemplari. Anche i nematodi specifici sembrano in grado di ostacolare il parassita, mentre scarso effetto hanno gli antiparassitari chimici, proprio per la capacità di questo coleottero di nascondersi nel profondo dei tronchi e dei rami.

Infine, se siete fra quelli che non amano potare, il mandorlo fa per voi: è infatti sufficiente tagliare polloni e succhioni, ossia i rami che si allungano dalla base dell’albero o da singoli rami, e accorciare i rami produttivi, a fine inverno, per conservare una chioma ordinata.

Mandorlo: dove coltivarlo

Albero rustico e poco esigente, il mandorlo (Prunus dulcis) è conosciuto per la sua incredibile longevità e resistenza alle malattie. La presenza del mandorlo nel nostro bellissimo Sud, e non solo certamente in Sicilia, è dovuta alla capacità di sopravvivere al caldo siccitoso che dura mesi e mesi, ma la pianta è davvero resistente e tollera anche il freddo intenso, fino a 20° sotto zero.

E allora, come mai non vediamo mandorleti in Settentrione? La causa di questa assenza non è tanto nella incapacità di resistere al gelo, bensì al fatto che, quando il mandorlo è in fiore, c’è ancora l’aria così fredda da impedire alle api di gironzolare tra i fiori per effettuare l’impollinazione. Questo provoca dunque la mancata fecondazione dei fiori e quindi l’assenza di fruttificazione, esattamente come per il nespolo del Giappone. Solo nelle zone del Nord con microclima più mite, per esempio l’area del Lago di Garda e le zone protette dei laghi lombardi, ci sono mandorli che riescono a dare frutti. In giardino, dal Nord al Sud, lo vedremo fiorire se troviamo una zona riparata dai venti più gelidi, e magari qualche ape coraggiosa che ci regali, anche nel freddo Nord, una manciata di mandorle da assaggiare.

Mandorlo: come coltivarlo

Il mandorlo non ama le zone umide e nebbiose, né quelle con estati afose: è quindi sconsigliato per la Val Padana. Vuole terreni fertili, freschi, non troppo compatti, senza ristagni idrici e con pH superiore a 7. In cambio, resiste alla siccità, anche prolungata.

Scegliete una varietà locale, più resistente, meglio se autofertile (cioè in grado di fecondarsi da sola), oppure due piante autosterili, da porre a 10 m di distanza una dall’altra; mettetele a dimora tra la fine di novembre e la metà di gennaio, possibilmente lontano da meli, peri e cotogni.

Scavate una buca di 60-70 cm di profondità, ponete sul fondo circa 10 cm di pietrisco come drenaggio, poi uno straterello di terra, uno di concime e un altro di terra su cui appoggiare le radici dell’albero. Lasciate in superficie il punto dell’innesto.

Se desiderate una rapida entrata in produzione, innaffiate le piantine durante l’estate successiva: in questo caso lasciate l’erba sul terreno, falciandola ogni mese; diserbate invece il terreno se non potete irrigare il nuovo mandorlo.

In febbraio somministrate alla pianta un concime bilanciato, in dose di 500 g per albero nei primi due anni e 1 kg dal terzo anno in poi.

Se proprio volete potarlo, potatelo in dicembre, in una giornata tiepida, tagliando un quinto dei rami, oltre a quelli secchi o spezzati.

Il mandorlo è poco soggetto a malattie: i trattamenti antiparassitari non sono necessari.

Le mandorle si raccolgono tra la seconda metà di agosto e tutto settembre, a seconda della varietà: il momento giusto è quando quasi tutti i frutti hanno il mallo peloso già aperto. Ponete una rete sotto la pianta e battete con una pertica i rami, senza danneggiarli, oppure attendete che i frutti cadano da soli.

Dopo la raccolta, togliete il mallo e ponete le mandorle a essiccare al sole per una settimana. Ogni albero può produrre 10-15 kg di frutti, corrispondenti a 4-5 kg di mandorle in guscio secche.

Mandorle dolci, mandorle amare

Ci sono due tipi di mandorle: dolci e amare. Queste ultime contengono amigdalina e trovano impiego in profumeria e medicina.

Tra le varietà dolci c’è l’italianissima Tuono, autofertile: questo permette di poter coltivare anche un solo esemplare, anche se è sempre meglio averne due per valorizzare ulteriormente la produzione. Tuono ha un altro pregio prezioso: la sua fioritura è molto tardiva rispetto alle varietà tradizionalmente meridionali. Cresce dunque discretamente anche al Nord, producendo buone mandorle se è in posizione soleggiata e riparata e se l’andamento climatico è di aiuto. La varietà viene dalla Puglia ed è di origine antica: in questa regione le prime produzioni risalgono alla prima metà dell’Ottocento.

Anche l'ottima varietà Genco è pugliese e si adatta bene alle zone dell’Italia centrale, meglio se esposte alla benefica azione mitigante del mare.

(liberamente tratto da "Mandorlo, promessa di primavera", di Elena Tibiletti, Giardinaggio, 2007)

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